La pervasività della tecnologia, specialmente nelle scuole e nei confronti dei più piccoli, è un pericolo per il genere umano. Per quanto possano sembrare utili ed innocui i dispositivi digitali in ambito educativo nascondono insidie subdole e “dis-umane”, non a caso uso questo termine per sottolineare come questi si pongono non a favore dello sviluppo umano, ma decisamente contro.
Ogni tecnologia può essere usata con scopi nobili o meno, talvolta i risvolti negativi di questa possono anche sfuggire agli studiosi per poi scoprirne gli effetti solo quando purtroppo sono già stati procurati danni alle persone. Il più delle volte invece il profitto guida lo sviluppo e la commercializzazione di strumenti e tecnologie su cui non si è avuto ancora modo di fare adeguati e sufficienti studi per verificarne l’incapacità di nuocere alla gente, come ad esempio la diffusione del 5G.
Si sente poi sempre parlare della privacy e dei risvolti legati proprio alla pervasività nelle nostre vite delle tecnologie digitali che abbiamo in tasca, sui polsi, in casa e nell’imminente futuro anche all’interno del nostro corpo. Questo è un problema enorme di ordine non solo biologico ma soprattutto filosofico; la domanda cardine in ambito di privacy è dunque questa: quanta libertà personale siamo disposti a cedere per avere una maggiore parvenza di sicurezza delegando sempre più alla tecnologia i nostri dati, ricordi e decisioni?
Ecco il punto cruciale e lo spunto di riflessione maggiore è dato proprio da quest’ultima domanda, nascosto dalle insidie di tipo biologico, dai risvolti relativi alla privacy, si cela la problematica principe che la “propaganda digitale” e del “tecnologicamente corretto” spaccia come beneficio supremo derivato dell’utilizzo degli strumenti hi-tech, la delega e la fiducia indiscussa in questi hanno generato una dipendenza tale in termini sociali che intere generazioni vivono ormai in simbiosi con la rete; è giunta l’era dei simbionti digitali.
I giovani ma anche i meno giovani sono piombati in una comfort zone che rischia di stritolare l’ultima briciola di umanità che resta in quest’epoca. Senza i dispositivi digitali che ci informano sul clima e sulla viabilità, che ci consigliano film da vedere e musica da ascoltare, che scelgono per noi le notizie più pertinenti da seguire, le persone che potremmo conoscere e le malattie da cui proteggerci, ebbene senza tutto questo le persone rischierebbero l’esclusione sociale, ergo anche conseguenze di tipo psicologiche, dato che gli esseri umani sono esseri sociali, sono parte di una rete sociale senza la quale la vita stessa perderebbe di significato.
La sostituzione della realtà sociale “fisica” con quella digitale, propagandata come unica vera possibilità di miglioramento sociale e quindi dell’essere umano, a spese solo di pochi e semplici gesti e dati personali a cui rinunciare, ha completamente messo la vita di tutti nelle mani di pochi soggetti privati, i creatori dei servizi e delle infrastrutture digitali. Questo genera non solo problemi di tipo etico e legale su chi e come bisognerebbe normare questi soggetti privati che nella pratica sono ormai in possesso della vita pubblica di tutti, ma genera un problema enorme e sempre celato che è il lassismo e l’abbandono delle nostre menti nelle mani di questi soggetti. Il cervello umano è frutto di centinaia di migliaia di anni di evoluzione, frutto per lo più di errori che innescano l’evoluzione per effetto della stessa sopravvivenza biologica, dunque affidare ad una tecnologia le scelte personali in ogni ambito deteriora inevitabilmente la capacità evolutiva umana, generando dipendenza assoluta nei confronti della stessa tecnologia come un simbionte.
Sembra proprio che il transumanesimo sia alle porte e che il percorso sia scandito dalle incessanti scoperte e ricerche non solo in ambito tecnologico ma anche per quanto concerne i metodi sempre più innovativi di integrazione dell’essere umano con la tecnologia, vediamo ad esempio gli innesti cerebrali proposti da Neuralink. Sarà questa la grande sfida che l’uomo è chiamato ad affrontare in quest’epoca? L’umanità avrà la capacità di rinunciare ad integrarsi con le macchine e di raggiungere un nuovo livello di consapevolezza ed evoluzione basato più sul piano esperienziale, spirituale e coscienziale che su quello empirico, tecnologico e della statistica computazionale?
La sfida dunque è basata sull’eterno duello fra l’uomo e la sua vera natura che lo vede creatore ed al contempo oggetto della creazione stessa.